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TEMI D’ATTUALITÀ | Articolo - 4 Min

Weekly market update – Innumerevoli scenari possibili

Alla luce del rialzo dei titoli azionari e del calo dei rendimenti obbligazionari a lungo termine delle prime settimane di gennaio, gli investitori sembravano aver sposato l’idea dell'”immacolata disinflazione”, ossia che il rallentamento dell’inflazione nel 2023 sarebbe stato indolore ai fini della crescita. Una sorta di “hip hip urrà” per le banche centrali – soprattutto la Federal Reserve USA (Fed) – e la loro lotta all’inflazione. Di recente, tuttavia, sui mercati è tornata la volatilità.   

Un andamento che potrebbe dipendere dagli innumerevoli scenari possibili in cui gli investitori potrebbero trovarsi: disinflazione immacolata, soft landing, “goldilocks”, stagflazione, recessione. E, osservando i segnali divergenti dei mercati e dell’economia, praticamente tutti questi scenari potrebbero essere plausibili.

Eurozona – Crescita superiore al previsto

Come già nel mese di dicembre, i sondaggi sul sentiment delle aziende nell’Eurozona hanno sorpreso al rialzo, soprattutto per quanto riguarda la Germania. La fiducia delle imprese, misurata dall’indice IFO, si è impennata ai massimi dal giugno scorso dopo tre incrementi mensili consecutivi. Nonostante questo, l’indice rimane attestato ben al di sotto della media di lungo periodo e il Business Cycle Clock dell’IFO continua a segnalare “crisi”.

Gli indici dei responsabili degli acquisti (PMI) della zona euro, nell’insieme, trasmettono invece un messaggio più ottimistico.  La stima flash del PMI composito della zona è salita a quota 50,2 a gennaio, in rialzo di quasi tre punti rispetto a ottobre, a indicare un’economia in territorio espansivo dopo sei mesi di contrazione.  I PMI del settore manifatturiero in Francia e del settore dei servizi in Germania mostrano un andamento analogo.

Nel mese di novembre, la produzione industriale ha superato ampiamente le attese degli economisti. Le società operanti nei settori ad alta intensità di energia sembrano aver parzialmente superato le difficoltà che si erano trovate ad affrontare alla fine del terzo trimestre.

Se questi trend positivi si stabilizzeranno, l’Eurozona potrebbe scongiurare il rischio di una recessione nel breve termine.

Motivi per cui essere ottimisti

Come si spiega il miglioramento del sentiment delle imprese e – va sottolineato – anche delle famiglie, emerso dal sondaggio della Commissione europea?

Innanzitutto, la supply chain mondiale sta tornando alla normalità. Secondo l’Institute for Supply Management (ISM) “Da circa sei mesi è iniziata una svolta fondamentale. Alcuni componenti, ad esempio i circuiti integrati, continuano a influenzare la capacità dei produttori di movimentare i propri beni. Ma, complessivamente, le tensioni si sono allentate.” Questo potrebbe, ad esempio, spiegare il miglioramento delle prospettive per le case automobilistiche tedesche.

Per il resto, la flessione dei prezzi del gas in Europa, il calo dei consumi in un inverno (finora) relativamente mite e le scorte elevate di gas a inizio 2023 dovrebbero consentire di evitare il razionamento. Questo, con tutta probabilità, rassicurerà sia le imprese sia le famiglie.

Anche l’evolvere della situazione in Cina è importante. L’abbandono della politica zero-Covid potrebbe limitare l’attività nel breve periodo, ma è ragionevole ipotizzare che la riapertura dell’economia alimenterà la domanda globale alleviando i problemi di produzione e delle supply chain. Una forte accelerazione delle economie asiatiche, tuttavia, potrebbe causare nuovi rincari dei costi dell’energia.

Sfide all’orizzonte per l’economia USA 

Le vendite al dettaglio statunitensi hanno accusato un calo dell’1,0% a novembre e dell’1,1% a dicembre, a indicare che l’inflazione potrebbe infine aver iniziato a gravare sui consumatori. Questo andamento potrebbe persistere nel primo trimestre, con il rallentamento dello slancio.

I sondaggi manifatturieri regionali della Federal Reserve hanno dati esiti contrastati, con un forte calo nella regione di New York e l’incremento dell’indice della Fed di Filadelfia. Entrambi gli indici restano, comunque, in territorio negativo. A dicembre, la produzione industriale ha subito una contrazione più marcata del previsto.

Sembra quindi che il rapido inasprimento della politica monetaria della Fed nel 2022 (rialzo di 425 pb dei tassi dal mese di marzo in poi), volto a ridurre l’inflazione core al target del 2% della banca centrale, si stia concretamente manifestando nell’economia reale.

Quale scenario prediligere?

Sarebbe facile lasciarsi tentare dai richiami dello scenario “ideale”, nel quale la crescita e l’occupazione rallentano abbastanza da ridurre l’inflazione core senza far precipitare le economie in recessione.

Tuttavia, il nostro scenario di base, quanto meno per il momento, è più cauto. La (moderata) recessione che oggi minaccia l’economia globale presumibilmente non impedirà alle banche centrali dei mercati sviluppati di proseguire il ciclo di irrigidimento monetario, almeno nei prossimi mesi. Tuttavia, il ritmo dei rialzi dovrebbe essere inferiore a quanto osservato negli ultimi sei mesi.

Negli Stati Uniti, il Federal Open Market Committee (FOMC) si incontrerà la settimana prossima e i mercati dei future scontano un rialzo di 25 punti base. Sarebbe utile se, nelle dichiarazioni a margine dell’incontro, il presidente della Fed, Jerome Powell, facesse chiarezza sull’esatto percorso che la banca intende seguire nei prossimi mesi.

Asset allocation

Il deterioramento del contesto economico si riflette solo lentamente nelle aspettative sugli utili aziendali, soprattutto nell’Eurozona. Un eventuale calo dei rendimenti obbligazionari nei prossimi mesi darebbe presumibilmente sostegno ai mercati azionari in alcuni settori.

Di conseguenza, e nonostante il persistere dei rischi geopolitici, non vogliamo sottopesare eccessivamente le azioni. Deteniamo una posizione solo leggermente sottopesata, ma con una preferenza per i mercati cinesi e statunitensi rispetto all’Europa escluso Regno Unito.

Dopo le perdite e la volatilità senza precedenti dei mercati obbligazionari nel 2022, gli investitori dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di tornare in questa asset class per sfruttare il carry in un contesto di normalizzazione dei tassi. Dopo anni di tassi “più alti più a lungo”, tuttavia, il passaggio a una nuova era per i mercati obbligazionari non avverrà da un giorno all’altro.

La nostra allocazione vede una posizione significativa sul mercato dei crediti investment grade (IG) in euro, dove a nostro avviso i livelli degli spread riflettono tassi d’insolvenza troppo elevati se si considera la solidità degli stati patrimoniali di molte aziende.

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