Al termine della terza settimana di lockdown in gran parte dell’Europa, lo strategist Daniel Morris e Mark Lewis, responsabile globale della ricerca sulla sostenibilità, hanno analizzato l’andamento dei mercati finanziari e riaffermato la nostra convinzione che non sia il momento di vendere attivi rischiosi.
Mark evidenzia i pregi degli investimenti sostenibili in condizioni di mercato volatili e delle potenziali implicazioni che questa crisi avrà sul settore energetico e sull’economia in senso più ampio.
Qual è il suo punto di vista sull’attuale contesto dei mercati? Cosa consiglia agli investitori?
Daniel: Sembra che sia tornata una certa stabilità. Nei mercati del credito, i premi di rischio sulle obbligazioni societarie e i credit default swap (CDS) sono diminuiti. Il mercato delle nuove emissioni di obbligazioni investment grade si è ripartito, sia in Europa che negli Stati Uniti. Anche i premi di rischio sulle obbligazioni ad alto rendimento si sono contratti e si sono verificati alcuni afflussi nella classe di attivi.
Più di recente, i mercati azionari globali sono stati caratterizzati da un tono migliore. I prezzi sono risaliti e la volatilità è scesa, anche se l’intervallo di trading resta ampio. Il rimbalzo si concretizza di più in settori specifici in quanto è probabile che la crisi abbia un impatto profondo sui settori dei viaggi, del turismo, dell’intrattenimento e delle vendita al dettaglio.
Mentre la liquidità in dollari USA (USD) è rimasta sotto stress, il costo delle emissioni di carta commerciale è a livelli proibitivi, anche per le aziende con rating migliore. Quando la Federal Reserve, nella prima metà di aprile, inizierà ad acquistare altri titoli a breve termine, la pressione al rialzo sui costi di finanziamento dovrebbe allentarsi.
L’importante intervento delle banche centrali e i recenti pacchetti fiscali hanno fornito una base per l’economia globale e messo fine al ribasso dei mercati. A nostro avviso, la liquidità in USD deve migliorare ulteriormente prima che i mercati possano riguadagnare un più pieno senso di normalità. Detto questo, per noi è chiaro che le banche centrali faranno tutto il possibile per stabilizzare i mercati. Finora le cose stanno funzionando.
Non ci sembra il momento per vendere attività rischiose
In sintesi, restiamo pronti ad eventuali cattive notizie nel breve periodo. Il costo umano di questa crisi sarà difficile da sostenere. Potrebbero essere necessari molteplici blocchi sociali ed economici per contenere la diffusione del virus. Tuttavia, la società alla fine imparerà a convivere con il virus e l’economia si riprenderà.
Come dovremmo pensare agli investimenti sostenibili in queste condizioni di volatilità e con questi elevati livelli di incertezza? C’è il rischio che nelle loro risposte politiche i governi perdano di vista la sostenibilità?
Mark: Investire sostenibile significa, in ultima analisi, costruire una resilienza a lungo termine nei portafogli. Questa crisi dimostra quanto tale capacità di ripresa sia importante per gli investitori. L’estrema volatilità di mercato delle ultime settimane ha rivelato la fragilità dei sistemi sanitari, delle economie e dei mercati azionari. La globalizzazione, il cambiamento tecnologico e la concorrenza hanno contribuito a promuovere un’economia globale che sembrava efficiente, ma che è vulnerabile a grandi shock dirompenti.
Quindi la prima lezione è che il nostro mondo è più fragile di quanto pensiamo. Dobbiamo pensare di più alla resilienza. Questo vale per i policymaker, per gli amministratori delegati delle grandi aziende e per noi della finanza. Gli investimenti sostenibili svolgono un ruolo più determinante al fine di contribuire alla resilienza degli investimenti a lungo termine.
Per quanto riguarda le risposte dei governi a questa crisi, sono più ottimista sul posto della sostenibilità nell’agenda politica di quanto non lo sia stato sulla scia della crisi finanziaria del 2007-2008, quando perse di priorità.
Questa volta è diverso perché la crisi ha messo a nudo un certo grado di fragilità anche nelle economie più avanzate e nei migliori sistemi sanitari. Si tratta veramente di concentrare le energie e già stiamo assistendo a sforzi per dare risposte più ingegnose.
Le nostre economie cambieranno e i governi potranno promuovere la sostenibilità, ad esempio, rilanciando le infrastrutture verdi. A mio avviso le risposte politiche potrebbero portare ad incentivare la decarbonizzazione dell’economia globale.
In che modo lei e i suoi colleghi del Sustainability Centre state affrontando questa situazione eccezionale?
Mark: Il nostro team di 25 professionisti degli investimenti è diffuso in tutto il mondo, in Asia, USA ed Europa. Stiamo tutti lavorando da remoto e le ultime settimane sono state una vera prova del lavoro collettivo a distanza. Le conference call hanno sostituito le riunioni, inoltre facciamo videoconferenze diverse volte al giorno.
L’esperienza ci ha portato a riflettere su come potremo lavorare in modo più efficiente in futuro. E’ ovvio che ciò può sollevare dubbi in merito ai viaggi e al lavoro tradizionale negli uffici. Però penso che questa esperienza cambierà profondamente gli atteggiamenti e il comportamento nei confronti dei viaggi, con riflessi positivi per la sostenibilità.
Lei ha svolto molte ricerche sul settore dell’energia. Qual è la sua analisi delle implicazioni del crollo del prezzo del petrolio?
Mark: Abbiamo assistito al più forte e drammatico calo dei prezzi del petrolio dalla prima guerra del Golfo dell’inizio degli anni ’90. E’ d’inizio marzo la notizia del collasso dell’accordo OPEC sui prezzi. La pandemia COVID-19 ha intensificato la pressione al ribasso sui prezzi del petrolio attraverso la distruzione della domanda in concomitanza con l’immobilizzazione delle popolazioni. La produzione di petrolio è stata aumentata, dal momento che i produttori di petrolio hanno ingaggiato una guerra dei prezzi, incontrando però una massiccia contrazione della domanda. E’ una situazione straordinaria. Quando la domanda di petrolio scende al minimo, si concretizza un calo della domanda di 45 milioni di barili al giorno.
Una crisi di questo tipo sarebbe senza precedenti. Solleva inevitabilmente domande sul “picco del petrolio”, ossia l’idea che, nei prossimi dieci anni, la domanda di petrolio possa raggiungere un picco prima di entrare in declino a lungo termine. Ci si può chiedere se il picco della domanda di petrolio si sia verificato nel 2019. Qualunque sia la risposta, il crollo dei prezzi del petrolio rappresenta una sfida importante per le maggiori compagnie petrolifere. Richiederà che rendano il loro modello di business più resiliente. Ciò significherebbe concentrarsi maggiormente sulle fonti di energia rinnovabili.
Ciò ci riporta a focalizzarci sulla resilienza, sia quando pensiamo alla necessità di stare fisicamente fermi nelle nostre case nelle prossime settimane, sia quando pensiamo a costruire portafogli che portino rendimenti sostenibili nel lungo termine.
